PISA – Morte e tortura da abolire come strumenti di giustizia.
Nel mondo queste due voci sono ancora applicate come metodo e come sentenza.
Ma restituire dignità ad ogni singolo essere umano ha avuto un principio, una scintilla iniziale, da cui ha preso vita e si è diffusa nel mondo col tempo.
Pisa è stata la culla di questa decisione mentre poco distante, a Livorno, venivano posti gli ingredienti per giungere a questa decisione.
Nelle sale di Palazzo Reale a Pisa, per volontà del Consiglio Comunale cittadino e il pieno sostegno di quello Regionale, è stata apposta una targa a ricordo del luogo dove tutto ciò ebbe inizio.

Targa a ricordo abolizione Pena di Morte -
Palazzo Reale di Pisa
Una targa che ricorda il 30 novembre 1786, giorno nel quale il Granduca Pietro Leopoldo emanò quell editto che stabiliva nel suo regno, l’abolizione della pena di morte e della tortura come strumenti della Legge.
La Toscana fu il primo paese al mondo a divenire “garantista”.
Ad apporre la targa, insieme, i due presidenti del Consiglio, Ranieri del Torto per quello comunale ed Eugenio Giani per quello Regionale. Insieme a loro il Sindaco Filippeschi, parte della sua Giunta, diversi consiglieri comunali.
Morte e tortura non più applicate e non è cosa da poco perché da quella decisione si apriva un intero mondo di riflessioni da fare nei confronti dei detenuti, di come dovevano scontare le loro pene, di come vederli agli occhi di una giustizia che sia severa ma giusta e non punitiva e repressiva.
A pochi chilometri di distanza Livorno, dove qualche anno prima, in forma anonima, erano state date alle stampe opere immortali come l’Encyclopedie di Voltaire e Diderot o come il saggio di Cesare Beccaria; "“Dei delitti e delle pene”.
Un successo di stampa ed una diffusione che dovette per forza giungere nelle mani del Granduca Pietro Leopoldo.
Di questo evento Granducato ha realizzato un servizio più accurato che andrà in onda nei prossimi giorni.