Prigozhin e le abitudini dei predecessori

Mosca- Prigozhin non sorprende se si conoscono le vicende di chi lo ha preceduto. Quanto accade in questi giorni sul fronte russo-ucraino apre una pagina della storia in merito all’impiego e fiducia sulla forza mercenaria. Valore combattivo, efficienza negli armamenti, affidabilità, ideologia. La storia dell’umanità è costellata da guerre e in esse i mercenari non sono mai mancati. Nelle età molto antiche, nel periodo del basso impero romano, in età medievale e via via continuando. Sono assenti quando un paese “conquistatore” ha una struttura politica forte e un apparato militare solido e ben strutturato. Sfogliando la storia i mercenari sono assenti nei secoli d’oro dell’Impero romano, nella Grand Armee Napoleonica e qui ci si ferma. Una particolarità del Gruppo Wagner comandato da Evgenij Prigozhin che ha fatto dietrofront per marciare su Mosca, apre una finestra particolare su una realtà mercenaria molto legata al “Datore” del lavoro. Esempi simili e conseguenze avvenute in passato, ci provengono dalla storia del periodo del Basso Impero e dagli scontri tra le città-stato toscane in pieno trecento.

Mercenari

Partiamo dal primo esempio. I mercenari di quel tempo erano intere bande tribali di questa o quella gente germanica che non sapeva capire il concetto astratto di “Stato” e misurava tutto dal punto di vista individuale. Riconosceva la autorità del “Capo” e si rivolgeva solo a lui, alle sue richieste, alle sue promesse, alla affidabilità che esercitava in quanto “uomo forte”. Le richieste venivano eseguite e sul come e su quanto potessero trarci un guadagno diretto queste bande non era nei pensieri del “Datore”. Se però le promesse tardavano ad essere soddisfatte e il soldo subiva rallentamenti o tagli, determinava un grosso rischio e un vero e proprio dietrofront nel quale i mercenari marciavano in direzione della città del “Capo” il quale aveva il tempo da impiegare per coprire il tragitto nel trovare una spiegazione plausibile, meglio una soluzione tangibile. Se soddisfatti, i mercenari si fermavano e tornavano a fare quanto era stato chiesto loro. In definitiva un rapporto diretto per il quale non c’erano valori, idee, patriottismo ma solo una stretta logica di “mercato”. Similmente avveniva in età medievale e un esempio più rapido per apprendere velocemente ci viene dalla guerra tra Pisa e Firenze alla metà del ‘300. Le due rivali sono città-stato con un bacino demografico ristretto e quindi con scarso numero di unità militari. La differenza è data dalle Compagnie di Ventura sia per efficienza bellica che per differente rapporto numerico. Così Pisa schiera in campo la celebre White Company di John Hawkwood e Firenze la Compagnia di Galeotto Malatesta.

Prigozhin e i mercenari

Qui accade che nel corso della guerra le due compagnie arrivano a contatto, faccia a faccia, separate dal corso della Nievole. Ovviamente le due compagnie valevano paghe elevate grazie al numero dei propri soldati. Perderne inficiava il valore di borsa. Ovviamente queste compagnie erano abili, feroci e sanguinarie nei confronti della gente civile, delle semplici milizie o anche delle truppe comunali ma la cosa cambiava se i “Rambo” si trovavano al confronto diretto. Per due giorni le due schiere si sfidarono l’una contro l’altra, ben separate dal fiume e limitandosi ad un rovescio di insulti, motteggi e altre diavolerie lessicali, poi, la notte tra il secondo ed il terzo giorni, entrambe levarono il campo e se ne andarono. I loro comandanti avevano calcolato che una sconfitta sarebbe stato un disastro, una vittoria sarebbe costato una forte svalutazione e quindi era meglio non farne di nulla. Alla viva protesta dei rispettivi datori di lavoro, fu risposto loro di tenere ferma la voce se non avessero voluto vedere le Compagnie far marcia sulla città. La guerra si concluse a vantaggio di Firenze per il semplice fatto che i banchieri fiorentini raccolsero abbastanza denaro, il doppio, di quello che avrebbe preso John Hawkwood da Pisa e ovviamente questi cambiò i vessilli ai suoi e passò al campo avversario mettendo Pisa in crisi e determinandone la sconfitta. Morale di questo articolo è quanto diceva il celebre Marco Tullio Cicerone “in guerra l’arma vincente non è quella che hai in mano ma quello che hai in tasca”.

Condividi questo articolo

Pubblicità