La Toscana cura le sue ferite e piange i suoi morti, come nel 1966. Era il 4 novembre 1966, le immagini di archivio mostrano la furia dell’Arno che esondò dopo le grandi piogge dei giorni precedenti.
Il numero delle vittime resta tuttora abbastanza incerto. Furono 35, secondo i documenti della Prefettura, nella sola provincia di Firenze. Cinque in quella di Pisa. Altri morti si registrarono in Maremma e in Lucchesia.
Fu un disastro, prima a monte, poi soprattutto a Firenze, nelle sue periferie. Empoli, Pontedera, Pisa finirono sott’acqua. A Pontedera ruppe gli argini l’Era. Strade e negozi vennero sommersi. La Piaggio, l’azienda simbolo, subì molti danni ma fu salvata dagli operai. Come non vedere una certa analogia con quello che è accaduto oggi?
Lo stesso si può dire per la piana fiorentina. Il Bisenzio esondò allora ed è esondato adesso. Le opere di prevenzione certo sono state realizzate, le previsioni (quelle a breve termine perlomeno) sono accuratissime, ma i fenomeni sono più estremi e c’è stata in alcune aree una grande urbanizzazione.
Nel 66 gli “angeli del fango”, i volontari, misero in salvo le persone, spalarono, spalarono strade e piazze, ripulirono case e monumenti. Nacque, in una forma ancora embrionale, la protezione civile, che poi si sviluppò dopo il terremoto dell’Irpinia.