Capodanno della Annunciazione, perché?

PISA- Il 25 marzo è il capodanno della Annunciazione secondo le indicazioni delle scritture ecclesiastiche posteriori al Concilio di Nicea del 325. In molti luoghi il 25 marzo divenne anche occasione del Capodanno, come mai? Spiegare come computare il tempo e metterlo in relazione alle esigenze umane non è semplice, occorre partire dal principio. Il tempo scorre in modo visibile solo dal punto di vista astronomico che sul pianeta Terra è riconoscibile solo attraverso i mutamenti delle stagioni. Quando l’uomo iniziò a sviluppare l’agricoltura e ad osservare il cosmo per spiegare i motivi per i quali si era in inverno o in estate o meglio ancora in primavera, ecco nascere i primi calendari, sebbene inizialmente aventi come elemento centrale di calcolo la Luna che era l’elemento cosmico più vicino. Le più remote civiltà umane avevano quindi un calendario annuale che cominciava con la stagione più importante, quella della semina, che corrispondeva all’arrivo dell’equinozio di primavera, il 22 marzo. Ovviamente è il 22 marzo per noi oggi, non per i nostri antenati, per loro quello era il primo giorno dell’anno nuovo. In fin dei conti un maggior impatto emozionale che metteva in relazione il nuovo anno con il fiorire delle messi e della natura e augurarsi buon anno suonava più razionale e concreto messo in relazione ad un buon raccolto che allontanasse lo spettro della fame. Il calendario solare però tendeva ad accumulare un ritardo di 11 minuti e spiccioli ogni anno e con il passare del tempo iniziarono a crearsi discrepanze temporali tra anno e stagione e sulla cosa si inserì la riforma voluta da Giulio Cesare che stabilì il Calendario Giuliano fissandone l’inizio al 1° gennaio per regolamentare le scadenze delle cariche politiche della Repubblica di Roma. La scelta del 1° gennaio in riferimento al Dio Giano, il dio della porta che separa il mondo divino da quello umano. La correzione di questa discrepanza avvenne sotto Papa Gregorio XIII che introdusse il calendario Gregoriano per riprendere quell’errore che aveva raggiunto 11 giorni di differenza e che anche oggi differenzia il calendario occidentale da quello ortodosso. La modifica avvenne nel 1582, ma la questione tra capodanno e annunciazione non è ancora spiegata. Essa infatti si collega al periodo del tardo impero romano, quando l’Imperatore Costantino volle elaborare una relazione tra Stato e Culto in modo da riguadagnare il rispetto degli abitanti di un impero in evidente decadenza. L’avvio dell’anno al 1° gennaio rimaneva sulla carta giurisprudenziale dal momento che le vecchie cariche repubblicane non avevano più senso, essendo solo onorifiche.

Annunciazione

La popolazione continuava a vedere l’inizio dell’anno proprio in relazione all’inizio della primavera. Allora, nel corso del Concilio di Nicea, del 325 dC. Venne convenuto di allacciare le vicende del Vangelo alle festività politeistiche più “mistiche ed esoteriche”. Evitare quindi dei particolari come Giove, Marte, Iside e tutti gli altri ancora e guardare ad esempio al culto del Sol Invictus, forza immanente che nutriva dei ed umanità di forza ed energia e che veniva festeggiata il 25 dicembre. Venne così convenuto che una manifestazione divina di questa forza ben rappresentasse la nascita del Cristo redentore. Se poi si calcolavano i 9mesi di gestazione di una creatura ecco che si arrivava al 25 marzo, non molto lontani dall’equinozio di primavera che l’astronomia indica al 22 marzo. Mettere insieme la primavera con il concepimento del Cristo divenne “calendario in stile incarnazione”. Questo stile divenne comune per tutto il periodo medievale e cambiò in relazione alla riforma gregoriana. La differenza va indicata sulla ostinazione dei Toscani a mantenere il calendario del capodanno della annunciazione che divenne in stile toscano, distinguendosi tra quello Pisano e quello Fiorentino, per i quali quel giorno iniziava per uno il primo giorno dell’anno nuovo e per gli altri terminava. Insomma tra Pisani e Fiorentini la data cambiava di un anno. Per esempio, il giorno 12 maggio 1446 rimaneva tale secondo lo stile fiorentino, ma corrispondeva al 12 maggio 1447 secondo lo stile pisano. Questi stili di calendario furono definitivamente aboliti il 20 novembre del 1749 per decreto del Granduca Francesco Stefano di Lorena, adeguandosi al calendario gregoriano che in molti luoghi d’Europa era già stato adottato 150 anni prima.

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